Fantasmi e leggende di Venezia –parte 1 |
L’aspetto onirico di Venezia, la sua cupa topografia, il silenzio che di notte la avvolge, la nebbia che spesso la sommerge e la sorprendente ricchezza storica rendono la città dimora ideale per spiriti di ogni sorta e provenienza. Tra le numerose storie di fantasmi che hanno calli e campielli veneziani a fare da palcoscenico provo a ricordare le più classiche, quelle che i nonni o i genitori hanno sempre raccontato soprattutto per intimare i giovani della famiglia a tornare a casa presto la sera o più in generale a fare attenzione spaventandoli. Pare a me, inoltre, che quasi ogni storia di fantasmi che ho sentito possa essere accostata a uno dei tanti proverbi che gli stessi nonni e genitori hanno sempre usato per impartire (a quegli stessi giovani) pillole di saggezza popolare, come a dire che ogni fantasma si mostra per insegnarci qualcosa. |
Prima pillola. Delitto e castigo. Il fantasma più famoso di Venezia si chiama Fosco Loredan. La notorietà gli fu data non tanto per essere stato imparentato con il doge Marino Grimani quanto per averne decapitato, in un impeto di gelosia, la bella nipote Elena, che di Loredan era la moglie, pensando lo tradisse. Colto poi da disperazione, si uccise gettandosi nelle acque del Canal Grande. Qui, da quel lontano giorno di fine Seicento, all’altezza del campiello del Remier giusto dietro a Rialto, il suo spettro affiora dall’acqua tenendo tra le mani la testa dell’amata moglie morta per sua mano. “La passione acceca la ragione”. |
Esiste anche un’altra storia di una donna con la testa mozzata, forse meno nota ma altrettanto macabra. La storia narra di una splendida ragazza turca, di nome Selima, che fu uccisa dal suo promesso sposo, il turco Osman, quando questo scoprì che lei aveva già sposato un altro pensando che lui non sarebbe più tornato dal viaggio che lo aveva riportato in patria per informare la famiglia del progetto di nozze. Nel luogo del delitto, cioè in calle delle Turchette nel sestiere di Dorsoduro, pare che il fantasma della fanciulla faccia la comparsa nelle notti di luna piena, ancora alla ricerca di quell’uomo da lei tanto amato che le tolse la vita. “La fame fa far dei salti, ma l’amore li fa far più alti”. |
Seconda pillola. L’avarizia – icona quasi scontata per una città di tradizione mercantile – ha regalato a Venezia una buona dose di personaggi e di maschere, ma anche di spiriti inquieti. Sembra, per esempio, che nella zona del Zanipolo sia possibile incontrare lo scheletro di uno dei campanari della Basilica di San Marco che, vendute le sue ossa a un medico per avidità, fu poi condannato a vagare chiedendo l’elemosina ai passanti per ricomperare se stesso. “Soldi fan soldi e pidocchi fan pidocchi!” |
In campo dell’Abbazia, invece, nel sestiere di Cannaregio, se passeggiando di notte vi dovesse capitare di vedere una luce non fatevi ingannare perché non si tratta di un lampione, bensì dello scheletro rovente del vecchio Bortolomio – un noto usuraio della zona che fu condannato ad ardere in eterno a causa della sua gretta spilorceria. “Aver i granchi in tasca”.. |
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