Dialogue

Vocabulary (Review)

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Lesson Transcript

Pecunia non olet
Il sole non dev’essere sorto da troppo, né i gatti né i topi hanno ancora cominciato a darsi da fare per la colazione e poi il tipo che mi sveglia, tirando un euro nel cappello che è a terra, è uno spazzino della N.U. (Nettezza Urbana), con tuta e scopa regolamentari. Devo avere una gran brutta cera, i barboni che dormono ai Fori di solito li cacciano e basta, altro che elemosina. Vaglielo a spiegare che ho solo avuto un problemino con l’alcol, ieri notte. Nemmeno me lo ricordo come ci sono arrivato qui, e poi, perché complicarsi la giornata dall’inizio- con quest’euro ci faccio colazione, un caffè gentilmente offerto dal comune.
Pecunia non olet giusto? Certo, sotto questi mozzichi di colonne, su e giù per questi gradini di soldi ce ne sono passati in quasi mille anni di negotium. Ma forse forse, caro Vespasiano, avevi torto- in fondo più dei marmi dei templi e dei loro dei, più dei nomi degli imperatori e dei rostri, su queste pietre è rimasta la puzza- l’odore di piscio sembra non voler abbandonare queste rovine, come un fantasma o l’eco di una metropoli dell’antichità.
Roma è ancora una città stupenda, perché a giugno le notti sono così miti che puoi addormentarti ai Fori in tutta tranquillità, come ai tempi del Marchese del Grillo, senza temere più di tanto, e svegliarti in una mattina dorata tra le colonie di gatti che furono della Magnani. Penso a questo mentre sbadiglio e mi stiro, e che le colonne che ho di fronte, quelle del tempio di Marte Ultore, voluto da Augusto in persona, lui non fece in tempo a vederle ed io invece me le godo.
Comincio a camminare verso l’uscita dell’area archeologica, attraverso il foro di Augusto, quello di Cesare, quello di Nerva, scavalco una recinzione e sono su via dei fiori. Respiro un po’ di silenzio qui dove non c’è quasi mai stato. Guardo verso il Tevere che sta laggiù da qualche parte, nascosto dalle case degli uomini, quello era il quartiere più povero di Roma antica, la Suburra. Alla destra c’è il Colosseo, a sinistra piazza Venezia ha sepolto il Foro di Traiano.
Mi viene un po’ da ridere- nessuno di questi grandi imperatori pensò mai di distruggere l’opera dei suoi predecessori solo per sostituirla con i propri monumenti, aggiungevano, ampliavano, ma non distruggevano mai qualcosa di utile e bello per puro orgoglio. Il primo a cui venne in mente fu Benito Mussolini, che decise di costruire questa bella striscia di cemento, che oggi porta il nome di via dei Fori Imperiali, proprio in mezzo ai Fori antichi, e non aveva conquistato la Gallia come Cesare, né la Dacia come Traiano, ma il suo piccolo, nuovo, anacronistico, impero coloniale- l’Etiopia, l’Eritrea, la Somalia, la Libia.
A pensarci fa un po’ ridere, asfaltare le strade dove per secoli si erano celebrati i trionfi di un impero vero per le parate di uno da operetta.
Sbadiglio e rido insieme mentre scuoto la testa. È ora di colazione e comincio ad avere fame, rigiro quell’euro tra le dita e penso che di certo lo sapeva anche Benito- pecunia non olet.

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